31 Dic ATTRAVERSO GLI OCCHI DI WEBB: FRAMMENTI DI UNIVERSO
Da quando il James Webb Space Telescope è partito poco più di un anno fa abbiamo atteso le sue prime foto con tanta trepidazione. Webb viaggia nello spazio catturando nuove immagini e spettri mai ottenuti dell’Universo circostante. Tutti i dati che ci vengono inviati risiedono nel Mikulski Archive for Space Telescope presso lo Space Telescope Science Institute (STScl), ma necessitano di tempo per passare dai dati grezzi alle versioni pubblicate che nel frattempo ci godiamo in tutta la loro bellezza.
In questo articolo ho raccolto alcune delle bellissime immagini che sono state pubblicate nel corso di questo anno per rendersi conto dell’importanza dello strumento che abbiamo inviato nello spazio, dei passi in avanti che abbiamo fatto o godersi semplicemente il loro fascino.
I Pilastri della creazione, dove decine di stelle brillano come diamanti.
Image Credits: NASA, ESA, CSA, stsCL; J. De Pasquale – STScl, A. M. Koekemoer – STScl, A. PAgan – STScl
Questo bellissimo paesaggio ci è molto familiare perché la prima immagine di questo oggetto è stata catturata da Hubble nello spettro del visibile nel 1995 per poi ritornarci nel 2014. L’ultima foto di Webb, invece, è stata scattata nello spettro degli infrarossi. Perché tornare dove siamo già stati prima? Webb con i suoi strumenti ci aiuta a individuare molte più stelle nascoste nella polvere cosmica e soprattutto ci mostra le stelle appena nate. Questo ci permette di approfondire la nostra comprensione di come le stelle si formano e si “accendono” in queste nubi molecolari nel corso di milioni di anni. Nell’immagine le stelle appena formate appaiono in rosso e si scorgono all’esterno dei pilastri. I bagliori rossi che si notano ai bordi del secondo e del terzo pilastro dall’alto sono dovuti alle molecole di idrogeno energetiche causati dai getti e dagli urti che avvengono all’interno della nube. Webb in questa zona non riesce a scorgere nessuna galassia sullo sfondo perché il mezzo interstellare della parte più densa della nostra Galassia blocca la sua visuale.
Gli anelli di WR140
Image Credits: NASA, ESA, CSA, STScl, NASA-JPL
Wolf-Rayet 140 è un oggetto della Costellazione del Cigno, è una coppia di stelle e contiene appunto una stella di tipo Wolf-Rayet. Le stelle WR sono difficili da trovare e solo 600 sono state scoperte fino ad ora e la maggior parte di esse negli anni 2000, in seguito a estese indagini fotometriche e spettroscopiche dedicate proprio alla ricerca di tali oggetti. Queste stelle hanno una vita relativamente breve, in quanto molto massicce (almeno 20 volte la massa del Sole) e molto più calde rispetto alla media, generando venti così potenti che spingono enormi quantità di gas nello spazio. Gli studiosi pensano che la stella WR di questa coppia possa aver già perso almeno la metà della sua massa originale. Questo tipo di sistemi generano anche polveri, ma solo questa coppia WR140 è nota per produrre anelli, perché la stella WR di questa coppia ha un’orbita allungata unica nel suo genere. Webb le ha immortalate con il suo strumento MIRI, dimostrando che le stelle WR possono produrre polveri ricche di carbonio che possono sopravvivere anche nel particolare ambiente creato da queste stelle, e che nello stesso tempo possono fornire del materiale potenzialmente utile per la formazione di stelle e pianeti. Ogni 8 anni le due stelle avvicinano le loro orbite, creando flussi di gas in collisione che, in queste giuste condizioni, formano un nuovo anello di polvere. I gusci più lontani hanno già percorso oltre 70.000 volte la distanza dalla Terra al Sole alla velocità di 6 milioni di miglia orarie.
La coppia di Galassie VV191
Image Credits:Credits: NASA, ESA, CSA, Rogier Windhorst (ASU), William Keel (Un.Alabama), Stuart Wyithe (Un.Melbourne),
JWST PEARLS Team, Alyssa Pagan (STScl)
Nella foto realizzata alla coppia di galassie VV191 sono stati fusi i dati di Webb e Hubble. Questa “collaborazione tra telescopi” ha permesso agli scienziati di tracciare la luce emessa dalla luminosa galassia ellittica che vediamo a sinistra e di vedere i movimenti delle polveri dentro la galassia a spirale che vediamo a destra. Il piccolo arco rosso intorno al nucleo è una galassia lontana, la cui luce è stata distorta dalla lente gravitazionale della galassia ellittica. Questo fa capire che la forza di gravità della galassia ellittica di sinistra è così forte da aver allungato e ingrandito l’aspetto della galassia di fondo. Fra l’altro questa galassia non era stata rilevata dalla precedente osservazione fatta da Hubble di questi oggetti. Dobbiamo sottolineare che le due galassie sono solo prospetticamente sovrapposte: sono comunque vicine in termini di distanze astronomiche, ma non interagiscono fra di loro. Questo è un altro esempio di come le collaborazioni tra telescopi ci danno una visione ancora più completa del vicino Universo.
Quintetto di Stephan “visto” da Chandra, Webb e Spitzer
Image Credit: NASA
Le quattro galassie nell’immagine stanno realizzando un complicato intreccio dettato dalla gravità, mentre la quinta condivide ugualmente la sua materia, ma ad una distanza diversa. I particolari dell’immagine fornita da Webb sono nei colori rosso, arancione, giallo, verde e blu ed evidenziano i dettagli di queste interazioni, comprese le code di gas e di esplosioni di origine stellare. I dati di Chandra invece sono quelli in azzurro ed evidenziano un’onda d’urto che riscalda i gas presenti a milioni di gradi. In questa immagine ci sono anche alcuni dati forniti dal Telescopio Spaziale Spitzer, in rosso verde e blu.
NGC 3324, le scogliere della nebulosa Eta Carinae osservate da Chandra e Webb
Credits: NASA NASA, ESA, CSA, STScIoseph DePasquale (STScI), Anton M. Koekemoer (STScI), Megan Reiter (Rice University)
In questa stupefacente immagine della Nebulosa Eta Carinae i dati forniti da Chandra sono in rosa ed evidenziano una dozzina di singole sorgenti di Raggi X. Queste sorgenti sono stelle situate nella regione esterna di un ammasso stellare della Nebulosa Carina e hanno un’età compresa tra i 1 e 2 milioni di anni, praticamente delle stelle molto giovani in termini cosmici. Le stelle più giovani infatti risultano molto più luminose ai Raggi X, mentre l’emissione diffusa di Raggi X nella parte superiore dell’immagine proviene probabilmente dal gas caldo delle tre stelle più calde e massicce dell’ammasso stellare. Gli scienziati che hanno setacciato scrupolosamente questa zona hanno rilevato due dozzine di deflussi provenienti da stelle particolarmente giovani rivelate però dall’idrogeno molecolare. L’idrogeno molecolare è da una parte l’ingrediente per eccellenza per la creazione di nuove stelle, ma dall’altra è anche un ottimo tracciante della loro formazione. Infatti mentre le stelle giovani raccolgono materiale dal gas e dalla polvere che le circondano, dall’altra espellono anche un po’ di quel materiale dalle loro regioni polari in getti e deflussi. Il nostro Webb è in grado di captare l’idrogeno molecolare che viene trascinato ed eccitato da questi getti. Quella che vedete è l’elaborazione della prima immagine che abbiamo ammirato delle scogliere di Eta Carinae. Le macchie allungate all’interno della nuvola in rosso brillante sono fuoriuscite di idrogeno molecolare.
IC5332
IC5332 vista da Webb – Image Credits: NASA/ESA – ESA/WEBB NASA, CSA, J. Lee e i team PHANGS-JWST e PHANGS-HST
IC5332 è una galassia con un diametro di circa 66mila anni luce, è molto simile alla nostra Via Lattea ed è rivolta verso di noi in modo tale da poterne apprezzare l’elegante movimento simmetrico dei suoi bracci a spirale. Hubble l’aveva già immortalata tempo fa con lo spettro della luce visibile. Questa nuova immagine di Webb, catturata dal suo strumento di bordo MIRI sembra insignificante, ma sono le bellissime strutture complesse interne della galassia, che solitamente non vediamo perché nascoste dalla polvere ed adesso rivelati con dei dettagli senza precedenti. Nell’immagine di Hubble le regioni ricche di polvere interstellare risultano più scure perché la luce visibile viene dispersa, mentre queste stesse regioni risultano più luminose in quella inviata da Webb perché evidenziate dalla luce infrarossa che invece riesce a passare il muro di queste polveri. Nell’immagine di Webb ci sono anche delle stelle diverse che Hubble non aveva potuto scorgere. Ricordiamo qui che MIRI ha un sistema di raffreddamento attivo che gli permette di lavorare a temperature di circa 33 gradi inferiori agli altri strumenti di bordo, a -266°C. Godetevi il confronto tra le immagini complementari di Hubble e Webb di questo oggetto distante da noi 29 milioni di anni luce e immaginatevi la complessità di questi corpi celesti.
IC5332 vista da Hubble – Image Credits: NASA/ESA – ESA/WEBB NASA, CSA, J. Lee e i team PHANGS-JWST e PHANGS-HST
Come dicevamo, tutte queste immagini ci fanno vedere lo Spazio con occhi nuovi, ma c’è anche da notare che è il lavoro congiunto di tutti gli Osservatori a rendere le immagini (e le scoperte) davvero straordinarie.
Cristina Graverini
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